Test
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PrimaLuceLab Rifrattore AIRY APO80
Ci sono momenti che
rimangono impressi nella
memoria di noi “osservatori”
e fotografi.
Ricordo la prima volta che
osservai in natura con un
piccolo cannocchiale russo e
poi con un cannocchiale da
120€ ma più potente. In
entrambi i casi il piacere
era quello di osservare un
soggetto molto ravvicinato. In un
secondo tempo acquistai un
cannocchiale che riportava
la scritta APO (un William Optics Ibis
80) e fu una vera
rivelazione scoprire che si
poteva osservare ravvicinato
come con gli altri ma
scoprivi una chiarezza nei
colori e una definizione nei
particolari che prima erano
assolutamente sconosciute.
Si sono susseguiti un gran
numero di ottiche fino a
quelle con lenti alla
fluorite e prismi raffinati
tanto da dare la sensazione
non solo di non perdere luce
ma, addirittura, di vederla
quasi aumentare. Anni di test mi
hanno portato alla
considerazione che, in
genere, è valido
il famoso detto ... “chi più
paga, più ha !!”
… .
Come in tutte le REGOLE ecco
che ci sono anche qui le
benedette, sacro sante,
ECCEZIONI!
Lo scoprimmo con il test del
piccolo
Scopos 66 che è stato un
piccolo gioiellino per chi
voleva iniziare il
digiscoping con un minimo
investimento senza perdere
entusiasmo e con risultati
degni di nota (ricordo che
il mio piazzamento al DOY fu
con un immagine scattata con
lo Scopos).
Richiedeva molta
attenzione per la sua
delicatezza ma i risultati
si potevano raggiungere dopo
un periodo di prove
relativamente breve.
Seguirono i test del
Borg 71 FL e prove di
altri rifrattori che
avevano, più o meno, resa
simile ma soluzioni
macchinose e complicate
nella scelta del set ideale.
Se confrontati con
cannocchiali prismatici
terrestri risultavano
sicuramente meno intuitivi e
meno pratici oltre che, alla
fine, molto più ingombranti
e meno rapidi nell’uso
fotografico. Il fatto di
essere stati progettati per
uso astrofilo non richiedeva
certo velocità di
allestimento e rapidità di
MaF come lo è per chi fa
osservazione di animali in
natura.
Il gran numero
di parti accessorie e di
oculari creava molta più
confusione che certezze,
soprattutto per chi non ha
profonde conoscenze ottiche.
I numerosi marchi e
produttori giapponesi e
cinesi hanno portato ad una
grande diffusione di
rifrattori
che, per mantenere ed
aumentare il
loro mercato, si sono dovuti
specializzare e hanno
iniziato ad investire anche
nel settore
dell’osservazione terrestre.
Se questo è stato,
fino a poco fa, un danno
perché la confusione
aumentava (ma non la qualità
generale) oggi si
rivela un vantaggio davvero
grande in considerazione della nostra richiesta di
maggiore qualità ottica.
I produttori di vetro ottico
hanno raffinato moltissimo i
livelli qualitativi di
produzione e lavorazione
delle lenti raggiungendo
standard di altissimo
livello. Questa evoluzione
tecnologica spinta da una
crescente richiesta ha favorito
quei produttori,
anche piccoli, capaci di
scelte di qualità ottica e
meccanica. Quello che ora fa
la differenza, anche nel
mercato consumer, è la
progettazione della parte
meccanica e la sccurara scelta del
progetto ottico. Due aspetti
di grande importanza nel
nostro settore fotografico.
Fra questi produttori si
colloca, con merito, un
azienda italiana.
Alcuni mesi fa ci telefonò il Signor Filippo Bradaschia, che avevamo già conosciuto come esperto nel settore dell’astro fotografia, chiedendoci di provare un cannocchiale rifrattore che si accingeva a commercializzare con il suo nuovo marchio, PrimaLuceLab. … Accettammo,in quel momento, spinti più dalla grande professionalità del tecnico che dalla personale curiosità per un nuovo rifrattore. Non meno importante è stato constatare che nel sito era presente tutta una sezione dedicata al digiscoping con marchi e prodotti non solo Primalucelab.
Ecco che ci arriva
rapidamente, il giorno
successivo, una scatola dove
troviamo una robusta
valigetta di metallo e 5
scatole cartonate. Pensammo
subito che mancava qualcosa
oppure che ci trovavamo di
fronte a un oggetto davvero
semplice. La valigia
conteneva solo il
cannocchiale e aveva
abbondante spazio per
accogliere accessori mentre
le scatole contenevano due
oculari, un raddrizzatore
prismatico (ottico) a 45° e
due
raccordi per la
fotografia.
Semplice! … La
curiosità prese il
sopravvento.

Non appena avemmo tra le
mani il cannocchiale ci
rendemmo conto che la
qualità costruttiva era
davvero alta e il
focheggiatore, da sempre
nostra spina nel fianco per
delicatezza e instabilità,
era realizzato con margini
tali da poter sostenere e
sopportare anche DSLR di
grande peso. Salta subito
all’occhio la dimensione e
robustezza della cremagliera
con denti trasversali e la
fluidità del suo movimento
senza nessun accenno di
slittamento o segnali di
disassamento dell’asse
ottico. Tutte le parti sono
in metallo.
Intuivamo così perché,
quello che in un primo
momento ci poteva sembrare
un classico Crayford, veniva
chiamato
Hybrid-Drive.
Dobbiamo aggiungere che la
manopola di fermo e frizione
del meccanismo interviene
con una meccanica molto
precisa che, nell’uso, non
crea nessun gioco e nessuna
variazione dell’asse ottico
permettendoci sempre di
mantenere l’inquadratura con
estrema precisione.
Con
l’uso possiamo intuire che
sicuramente il tubo della
MaF scorre su un alto numero
di cuscinetti a sfere o, in
alternativa, su un
meccanismo assai più preciso. Si
può intuire facilmente che
Il fermo-frizione interviene
direttamente solo sulla
barra con la cremagliera.
Una tale resa
la avevamo trovata solo su
oggetti di grande pregio.
Nelle nostre prove
abbiamo abbinato anche una
macchina DSLR (700gr) dotata
di Battery pack grip con due
batterie (400gr), anche alla
massima estensione (95mm),
tutto era molto stabile e
preciso.
Montando il tutto su
una testa Gimbal dai
movimenti molto fluidi ogni
variazione, sia verticale
che orizzontale, pur se
comandata impugnando solo
dalla macchina, dava
l’impressione di un insieme
molto solido anche quando si
inseguiva un soggetto in
movimento.
Dopo aver osservato
l’oggetto per una serata e
volendo giungere a una prima
valutazione, solo da questa
semplice osservazione, non
ci rimaneva altro che
denunciare la scelta dei
colori che poco si addicono
al nostro uso. Il bianco
bucciato del tubo ottico e
il rosso metallico del
gruppo della MaF non sono la
scelta migliore per
mimetizzarsi durante le
osservazioni. Poco male
visto che, quasi sempre, si
ricorre a delle coperture
mimetiche in stoffa o
neoprene.
Noi abbiamo
realizzato una semplicissima
copertura utilizzando le
maniche di una camicia
mimetica militare. Dobbiamo
notare che la verniciatura è
assai robusta, uniforme e la sua
superficie rugosa non crea
problemi di riflessi
cangianti e ha un ottima
presa, a mani nude e con i
guanti. Prima di pubblicare
il nostro test abbiamo
notato nel sito del
produttore che l'oggetto
aveva avuto alcuni
cambiamenti da quello del
test. Il primo e più
visibile è la serigrafia
delle scritte del modello
che ora sono più curate e
non danno l'impressione di
una scritta adesiva. Erano
presenti anche due nuovi
oggetti assai interessanti
ed utili: un
Duplicatore di focale APO2x
che, nel caso di una
applicazione a fuoco
primario, porta la focale a
un 1000mm f/12.5 ed un
anello con la possibilità di
comandare un diaframma
lamellare dal foro molto
circolare.
Non
rimaneva che provarlo sul
campo.
Passiamo subito, brevemente,
ai dati più tecnici:
L’AIRY
APO80 è un rifrattore
composto da un doppietto
apocromatico con una lente
FPL-53 Extra-low Dispersion
(ED) dal
diametro di 80mm e focale
500mm F/6.25. ED.
Gli
Apocromatici sono,
tradizionalmente, dei tripletti ma, con l'avvento
delle lenti alla fluorite,
sono stati realizzati dei
doppietti che non
presentavano nessuna
aberrazione cromatica. Ecco
spiegato perché questo
doppietto Airy
può fregiarsi del nome APO.
In effetti è un doppietto
con lenti distanziate di cui
una è la
FLP-53. La bontà del
progetto e della costruzione
porta a risultati di tutto
rispetto e, per mantenere lo
stesso livello qualitativo,
richiede oculari, prismi e
macchine fotografiche di
pari livello. A conferma di
tale qualità portiamo ad
esempio un immagine che non
abbiamo scattato noi ma un
nostro iscritto che già da
alcuni mesi lo possiede e ha
condiviso con noi un
immagine della
luna. La qualità del
dettaglio, il contrasto e
l'equilibrio cromatico sono
d'esempio.
Il sistema di messa a
fuoco è composto dal
focheggiatore Hybrid-Drive,
stile Crayford,
da 50,8mm con messa a fuoco
veloce e
micrometrica. La doppia
manopola è posta sulla
destra mentre a sinistra c'è
solo quella di messa a fuoco
veloce. Come potete notare
nelle immagini del test noi
abbiamo preferito girare
tutto il blocco per avere la
doppia manopola a sinistra.
Questo è dovuto alla nostra
abitudine di gestire la
macchina fotografica con la
mano destra, abitudine
diffusa anche perché le
macchine fotografiche hanno
sempre a destra il pulsante
di scatto. Per i più
sofisticati facciamo notare
che è possibile calibrare
l'ortogonalità (asse ottico
- sensore macchina) grazie a
delle viti poste sullo scafo
dell'Hybrid-Drive.
Il modello
pervenuto era perfetto, o
almeno, a noi è sembrato
tale non avendo riscontrato
nessuna caduta di luce anche
a forti ingrandimenti.
La base per
il collegamento al treppiede
è una basetta
sufficientemente lunga con
due fori filettati (1/4,
6.35 mm) e altri per le
teste o le basette dotate di
fermi anti torsione. La
stessa è compatibile con lo
standard Vixen.
La dimensione del paraluce
metallico retrattile è ottima e
consente una buona
protezione dalla luce
solare.
Altrettanto curata ed
efficiente è la schermatura
e la
opacizzazione all’interno
del tubo ottico.
I due oculari che ci sono
pervenuti sono uno zoom
Molto più
frequentemente abbiamo
scattato con il metodo a
fuoco primario usando una
Canon 70d e la nostra Nikon
d7100 che, grazie
all'assenza del filtro passa
basso, ci ha dato immagini
di grande resa nei contrasti
e definizione. Il sensore
della D7100 esige un ottica
molto fedele e con l'Airy 80
APO l'abbinamento è ottimo.
Ci siamo avventurati anche
in scatti a mano libera ma
il grande peso dell'insieme
non si confaceva alla nostra
costituzione di un
sessantenne di "media"
muscolatura permettendoci
brevi exploit ma con buoni
risultati per un numero
contenuto di scatti in
sequenza. Dopo un primo
periodo di adattamento anche
la messa a fuoco risulta
veloce e sicura ma richiede
un ottimo mirino,
preferibilmente con prisma
ottico e non a pentaspecchi.
Tutto risulta molto più
semplice e sicuro usando un
treppiede e una testa Gimbal
che ci permette di seguire
con sicurezza anche soggetti
in movimento. Noi abbiamo
una economica testa della
Beike che ha, in
genere, come limite la
minore escursione verticale
per la ricerca del
bilanciamento ma, grazie al
basso profilo della basetta
di fissaggio dell'Airy,
tutto ci permetteva di avere
anche dei margini di
calibrazione. In
questa configurazione ci
sarebbe piaciuto avere a
disposizione anche
l'accessorio
Duplicatore di focale APO2x
(presente in un kit di nuova
presentazione)
per saggiare a
pieno la qualità e potenza
dell'insieme.
PrimaluceLab non è solo un
produttore ma è anche un
laboratorio di studio e
analisi delle ottiche e, la
qualità di questo Airy 80, è
la dimostrazione di quanto
siano importanti la
progettazione, la cura
dell’assemblaggio e
l’attento controllo di
qualità finale.
|
Per chi volesse maggiore potenza è presente, con le stesse caratteristiche estetiche e meccaniche, un 100mm. che raggiunge una focale di 600mm f/6 ma aumenta di peso di circa 2kg. e un 104 (AIRY APO104T PHOTO) già preparato per la fotografia. Quest'ultimo ha una focale di 650mm f/6.25 e un peso di 6.2kg. e denuncia chiaramente l'interesse di PrimaLuceLab per tutto il mondo della fotografia naturalistica. |
Un ringraziamento al
Distributore:
PrimaLuceLab,
Polo Tecnologico di Pordenone "Andrea
Galvani"
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prodotto
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